Secondo il vocabolario “Devoto-Oli” la parola “ACCETTAZIONE” significa: atto con cui si accetta ciò che viene offerto o proposto, con cui si effettua una presa in consegna, con cui si regola l’ammissione e l’accesso ad un luogo (es in ospedale) o ad una categoria o ordine (es: all’ordine degli avvocati, ad una istituzione scolastica, etc..)
Mi sembra quindi che l’ACCETTAZIONE comporti una volontà ed una corresponsabilità da parte di chi accetta qualcuno o qualcosa: accetto questa proposta, questo dono, questo invito, questa persona perché è quello che voglio e che desidero.
Ma quando arriva un figlio diverso, magari molto diverso, dagli standard? Molto diverso da ciò che pensavo, che voglio e desidero ed ho desiderato? Questo non è quello che volevo. Come faccio ad accettarlo? Accettare vuol dire volere prendere una cosa che mi viene data/offerta e volerla fare propria . Ma…come faccio a volere qualcosa che non voglio???
“Accettazione” è una parola difficile, forse proprio anche per questo: perché significa la presa in carica di qualcosa di difficile che non risponde a ciò che vogliamo, abbiamo voluto o cercato, non esattamente questo. Non solo: ci viene richiesta una presa in carico enorme, in termini di responsabilità, consapevolezze, dedizione e sacrificio. Ecco perché l’accettazione è difficile. Ecco perché è una parola antipatica. Ecco perché la lasciamo per ultima e la scansiamo e chiediamo di non abusarne. non insistere: per un atto di onestà.
La mia accett azione
ACCETTAZIONE per me è l’azione di una accetta. Una accetta che taglia, mozza e abbatte. Via, le ali, i sogni, il respiro, la luce, tutte le luci. E anche l’aria che sta intorno, la terra che sta sotto i piedi e il filo che passa per la colonna vertebrale e regge in piedi. Una accetta che abbatte ogni certezza. “Casca il mondo. Casca la terra. Tutti giù per terra”. Per terra. Li sono caduta. Dura, fredda, scura e poco spazio. Via gli orizzonti.
Però è meglio. Meglio tagliare i sogni che diventano zavorre. E i progetti che sono pesi inutili anzi dannosi. E stracciare le carte geografiche utilizzate fino a ieri. E’ un altro mondo, un altro cielo, lo Zenith diventa Nadir. Occorre ribaltare l’orizzonte, le prospettive ed i punti di riferimento.
Questa accetta che taglia via tutto e mi ha lasciata per terra come un sacco vuoto è stata utile. Così come misurare il poco spazio, sentire il duro e il freddo. E rendersi anche conto che non c’era più niente da perdere.
Ma i fiori nascono anche nel cemento. A dispetto di tutto la vita ha la meglio. Ero ancora viva nonostante tutto. Ho sperimentato la sensazione della sopravvivenza e constatato che ero un essere vivo, solido e compatto.
Per fortuna la vita spadroneggia. Le gemme tenere e piccole spaccano il ghiaccio, gli animali vanno in letargo ma poi si svegliano, a volte cambiati, e dopo la notte arriva il giorno. E come diceva Rossella O’Hara: domani è un altro giorno.
(Maria Grazia, genitore)